Il monte sacro di Uluru: tra storia e cultura aborigena dell’Australia
L’Oceania è sicuramente il continente meno conosciuto dal punto di vista geografico ed è rappresentato, principalmente, da due paesi dalla natura stupefacente e dai paesaggi incantati: Australia e Nuova Zelanda.
L’Australia è la sesta nazione al mondo per estensione, conserva un patrimonio naturalistico senza eguali e una storia che si perde nel tempo attraverso i natii aborigeni e le loro credenze, entrambi presenti su questo territorio da più di 40.000 anni e quindi parte fondamentale di un processo evolutivo e culturale unico sul pianeta.
Un territorio sconfinato che si estende su una superficie di più di 7 milioni di chilometri quadrati (prevalentemente costituiti da deserto non sabbioso) e che ospita numerosissime specie animali e vegetali.
Provate a vivere un’avventura partendo da Adelaide, inoltrandovi nel deserto che vi si presenta di fronte subito fuori la città; dopo poco tempo il silenzio di questi territori inizia a conquistarvi e a catapultarvi in una dimensione astratta fatta di terra rossa, road house ogni 200 chilometri, carcasse di auto abbandonate sul ciglio della strada, canguri che attraversano incuranti del pericolo e dingo che si allontanano alla vista dell’uomo.
La selvaggia Australia è questa, controversa ma bellissima, moderna e ancestrale allo stesso tempo.
ULURU, IL MONTE SACRO DA RAGGIUNGERE NEL DESERTO
Bisogna viverla l’Australia per capire quanto sia bella e speciale.
Uno dei modi principali è certamente un road trip che attraversa il Northern Territory dalla parte sud e che conduce da Adelaide a Darwin durante un interminabile viaggio di 3000 chilometri lungo la National Highway 87.
Pochi comfort, nessun hotel di lusso e pochissime fattorie sparse qua e là.
Vietato dormire in tenda: da queste parti i campeggi “fai da te” attirerebbero troppi dingo curiosi. Al massimo si può provare l’ebrezza di una notte passata in una caverna o di un tour sotterraneo in quella che viene considerata la capitale mondiale dell’opale, Cooper Pedy, un piccolo paesino in cui la gente vive al di sotto del terreno per sfuggire ai 50 gradi estivi e alle numerosissime e fastidiose mosche.
Percorrendo questa unica via di civilizzazione in un territorio aspro come l’outback australiano, non si può non pensare all’esploratore John McDouall Stuart che per primo la attraversò nel lontano 1861 immergendosi completamente nella spumeggiante natura di questa terra lontana.
E chissà cosa avrà pensato lo stesso alla vista del simbolo dell’Australia, quell’enorme monolite che si erge al centro della nazione e che rappresenta una guida per le natie popolazioni aborigene: Uluru.
LA STORIA DI ULURU E DEI PADRONI DI QUESTA TERRA
La storia di Uluru ha radici antichissime, sia dal punto di vista scientifico che mitologico. Molti studiosi concordano sul fatto che possa derivare da un asteroide caduto più di tre miliardi di anni fa (ad avvalorare questa tesi, l’enorme superficie rocciosa che si estende al di sotto del massiccio per circa 7 chilometri di profondità).
È un susseguirsi di grotte nascoste, cunicoli sotterranei, piccoli corsi d’acqua, rocce polverose e sentieri. Sembra quasi di attraversare un paesaggio lunare, diverso da ogni tipo di percorso turistico o di avventura.
Uluru (conosciuto anche come Ayers Rock) si trova nel cosiddetto bush australiano e si estende all’interno del Parco Nazionale di Uluru - Kata Tjuta, molto vicino ad un’altra formazione rocciosa meno famosa ma altrettanto bella (Kata Tjuta appunto, costituita da una serie di cupole di colore rosso che si susseguono per 20 chilometri quadrati).
È un parco nazionale immenso e silenzioso dove si respira la cultura aborigena e dove si è a stretto contatto con le popolazioni locali che qui si sono stanziate nel corso dei secoli, sviluppando forme d’arte e di vita che assomigliano molto a quelle dell’Africa centrale.
Gli aborigeni Anangu, padroni di questa terra, conservano il loro sapere e lo diffondono soprattutto attraverso una colorata pittura che si basa sulla raffigurazione degli esseri considerati sacri (come le lucertole) e che viene realizzata mixando acqua, minerali e grasso animale; queste sostanze generano colori accesi come il giallo e l’arancione, predominanti in tutti i loro dipinti. Sono particolari, gli Anangu: uomini dalla pelle scura e dai capelli spesso chiari che ornano il proprio corpo dipingendosi un serpente nero circondato da pallini bianchi sul busto e vestendosi con un fazzoletto rosso sulla fronte e un gonnellino con corde arancioni sulle gambe.
Si sentono parte di questa terra e la proteggono come farebbe una madre con il proprio figlio, lasciando però che venga osservata e a volte scalata, ma sempre rispettata e conservata secondo le leggi del mito aborigeno.
ULURU E IL MITO DI TJUKURPA
Tjukurpa, un periodo remoto durante il quale tutto si è formato e attraverso il quale è nata la civiltà. All’interno di questo processo mitologico e di formazione, Uluru diventa per gli Anangu un posto quasi magico, dove trovano spazio i miti di Tatji e Bellbird.
Entrambe le credenze derivano dalla conformazione del monolite, pieno di cavità e di pozze nascoste, formatesi (secondo la cultura natia) sia attraverso l’opera di scavo della Lucertola Rossa Tatji (che le creò con l’intento di ritrovare il suo boomerang lanciato e conficcatosi nella roccia), sia attraverso la lotta tra i Fratelli Bellbird e gli Uomini Lucertola Lungkata e Mita (protagonisti di una cruda disputa derivante dall’uccisione di un emù).
La particolarità di questa storia parte proprio dal fatto che i racconti della tradizione e della cultura di un popolo si diffondono nel corso dei millenni, mantenendo alcuni segreti e fondendosi con la natura che circonda questi luoghi pieni di magia e di fascino.
Quanti popoli, in un mondo civilizzato come il nostro, sono ancora in grado di conservare i propri segreti culturali senza il piacere di diffonderli a tutto il mondo circostante? Pochissimi.
Visitare Uluru è come un viaggio a ritroso nel tempo.
Provate a guardare questa roccia al tramonto, quando l’arancione della sua superficie diventa quasi un rosso infuocato. Provate a camminarci intorno e ad osservare ogni singola fessura, ogni cavità. Provate a chiudere gli occhi ascoltando soltanto il rumore dell’immenso deserto circostante. Provate, infine, a vedere da vicino gli aborigeni e i loro rituali ancestrali in una notte australiana.
Se lo farete, il vostro viaggio sarà diventato qualcosa di molto speciale e indimenticabile.
Andrea Gioia