Vietnam: il mercato di Bac Ha e la colorata etnia dei Hmong fioriti
In ogni paese i mercati sono un’ottima occasione per conoscere usi e costumi della popolazione.Il Vietnam non fa eccezione a questa regola.
Il mercato di Bac Ha, piccola cittadina vicina a Sapa, famosa località di montagna al confine con la Cina, è il luogo perfetto dove entrare in contatto con l’etnia dei Hmong fioriti, forse la più colorata tra le cosiddette hill tribes dell’Estremo Oriente.
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A giudizi come “veramente autentico”, “uno spettacolo per gli occhi” e “vale il viaggio”, si contrappongono quelli di tono diametralmente opposto “troppo turistico”, “non c’è nulla da vedere”, “un’ora è più che sufficiente per visitarlo tutto”. Questo è il mercato di Bac Ha, un luogo di forti contrasti proprio a iniziare dalle opinioni che si rincorrono su di esso. Trovandomi nei paraggi e avendo come obiettivo quello di entrare in contatto con le popolazioni più caratteristiche di quest’area non posso non approfittarne, per cui salto all’alba sul primo bus da Sapa, raggiungo il mercato del sabato di Bac Ha e immediatamente mi ritrovo immerso in un caleidoscopio che farebbe impallidire il più colorato dei carnevali.
Una folla di donne in abiti sgargianti è indaffarata in ogni genere di attività. E sono proprio le donne a indossare gli abiti che hanno reso celebre la loro etnia e che ancora oggi ne sono il carattere distintivo. Gli Hmong fioriti fanno parte del popolo Hmong come i loro cugini Hmong neri e bianchi molto presenti nella zona di Sapa. Si distinguono però per l’abbigliamento dalle tinte vivaci, regalando così a questo mercato un’esplosione di colori simile a quella nel mercato di Chichicastenango, in Guatemala.
Nel mercato di Bac Ha è facile reperire ogni genere di mercanzia. Ci sono la frutta e la verdura vendute a terra, su un semplice telo, da donne spesso seminascoste sotto ampi ombrelli che le riparano dal sole cocente; c’è la carne, venduta su tavolacci di legno all’aria aperta, in condizioni igieniche che è difficile non definire quantomeno “approssimative”; ci sono enormi vasconi di pesci che dimostrano tutta la loro freschezza sgusciando via veloci dalle mani dei pescivendoli; ci sono gli animali, dai polli ai simpatici cagnolini ai grandi bufali, da sempre fedeli compagni nel duro lavoro nelle risaie; ci sono attrezzi agricoli, ristorantini e banchi di souvenir.
Un evento sociale dal sapore autentico
Possiamo definire questo mercato meno autentico solo perché qualche turista si aggira tra i suoi mille colori con aria estasiata, cercando, armato di fotocamera d’ordinanza, di coglierne le mille sfumature? Direi proprio di no! A mio parere gli stranieri sono una presenza minoritaria e quel che conta è che il mercato di Bac Ha è ancora l’occasione di incontro settimanale per le popolazioni dell’area, un luogo di scambio non solo di merci ma anche di informazioni e relazioni, un vero e proprio evento sociale. Come tale è un momento da celebrare vestendosi “a festa”, esattamente come succedeva da noi, non troppi anni fa, in giornate come la domenica.
Trovo a questo proposito illuminante l’opinione di Dzu, la mia guida di Sapa, un Hmong che afferma di sentirsi tale prima ancora che vietnamita e che percepisce più vicini a sé gli Hmong che vivono in altri paesi, come quelli del Laos ad esempio, piuttosto che i vietnamiti di altre etnie. È vero che la maggior parte di queste popolazioni nella vita di tutti i giorni non veste più gli abiti tradizionali, ma secondo Dzu ciò non avviene per mancanza di senso di appartenenza bensì per semplice comodità. Gli abiti all’occidentale sono più pratici ed economici e per questo maggiormente usati nella vita quotidiana e inoltre c’è meno tempo per cucirsi in casa, a mano, i propri vestiti. Questo però non significa che soprattutto le donne, anche nel quotidiano, non indossino almeno qualche simbolo che ne denoti l’appartenenza: un semplice fazzoletto colorato in testa, una borsa, un monile o altro. Poi in occasioni speciali come le festività e il mercato di Bac Ha, questi abiti tradizionali vengono indossati di nuovo come “abito da lavoro”, ad esempio dalle venditrici di strada che devono attirare l’attenzione dei turisti. Ed è per questo che spesso gli abiti tradizionali convivono con particolari apparentemente fuori posto, come occhiali da sole e caschi da moto, perché semplicemente avviene che nei giorni di festa la praticità dell’abbigliamento all’occidentale è consapevolmente accantonata per riappropriarsi delle vesti tradizionali.
Questa è probabilmente la giusta prospettiva per inquadrare eventi di questo tipo senza lasciarsi trarre in inganno dalle apparenze e senza cadere nel solito commento da “viaggiatore navigato”: è tutto finto, non ci sono più i viaggi di una volta, ecc. E questa è forse la giusta prospettiva per mantenere inalterata la curiosità, lo stupore e il senso di meraviglia che sempre ci dovrebbero accompagnare quando facciamo qualcosa di nuovo, che sia visitare un’altra nazione o la sagra del paese vicino, oppure assistere al “solito spettacolo per turisti”.
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